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Marcello Minelli RSU Filcams: Pensioni da riformare e non “mutui” ad vitam aeternam

Milioni di persone sono state gettate in un limbo, con un sistema ingiusto e ingessato sul quale è diventato improcrastinabile un intervento che lo rimetta in ordine anche, e soprattutto, a livello di equità, intragenerazionale e intergenerazionale, andando ben oltre il cosiddetto APE
5 agosto 2016

Siamo prossimi alla pausa estiva e qualcosa sembra finalmente muoversi sotto il fronte pensionistico. Sinora avevamo visto poco o nulla, e quel poco, almeno come CGIL, ci era bastato per gridare forte il nostro disappunto verso soluzioni che in realtà non sembrano essere tali.

Il paese è annichilito, sremato da lunghi anni di crisi, con famiglie allo sbando e persone, lavoratori e disoccupati, in uno stato di stanca rassegnazione. Gli “anziani” vedono sempre più come un miraggio l’uscita dal lavoro, mentre i giovani vedono come tale l’entrata, e quando questa avviene, lo è in maniera sempre più precaria, nonostante l’enfasi con cui vengono enunciati, da mass media e governo in palese difficoltà, gli ultimi dati post Jobs Act.

In un contesto in cui il sindacato come non mai negli ultimi anni è stato dileggiato in ogni occasione, ridotto a bersaglio per ogni sorta di attacco, come se fosse sua la colpa di ogni male nazionale, e con una legislazione, frutto della riforma Fornero, approvata col paese piegato – dalla speculazione finanziaria internazionale – a colpi di spread.

Milioni di persone sono state gettate in un limbo, con un sistema ingiusto e ingessato sul quale è diventato improcrastinabile un intervento che lo rimetta in ordine anche, e soprattutto, a livello di equità, intragenerazionale e intergenerazionale, andando ben oltre il cosiddetto APE.

Questo intervento rappresenterebbe uno sconto di tre anni sulla pensione di vecchiaia, con l’obbligo per il lavoratore di restituire il prestito mediante un prelievo ventennale sulla rata di pensione, graduato in funzione del reddito pensionistico e della condizione lavorativa. Una sorta di “mutuo” che oggi, dopo le perplessità sindacali, sembra prevedere una penalità dell’1% annuo, ben più bassa di quanto previsto almeno in un primo momento.

L’idea del “prestito” non può e non deve essere fine a se stessa, ma far parte di un discorso ben più organico, altrimenti sarebbe una vera e propria offesa alla dignità delle persone, in cui ai diritti sociali si sostituiscono quelli finanziari, da quando la nostra vita ha inizio e sino al suo inesorabile termine.

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