loading

Caricamento...

Via Funghini: che fine hanno fatto i lavori alle case popolari?

Sunia e Cgil denunciano lo stato di abbandono, in tutta Italia, degli alloggi di proprietà pubblica

Il 20 luglio 2020 il Presidente di Arezzo Casa prese atto che le rimostranze degli abitanti delle case popolari di via Funghini 7 erano legittime, ma che era stato necessario interrompere i lavori iniziati due anni prima per mancanza di fondi. Aver aver lasciato un cantiere a metà, ha ovviamente aggravato una situazione già pesante. La nota positiva dell’intervento era che si ipotizzava di vedere, in un triennio, la fine di lavori. Ci avviciniamo al quarto anno e non si parla ancora di inizio.

Una visita all’immobile sarebbe una guida istruttiva per capire la situazione media delle case popolari in tutta la provincia fatte di ambienti umidi, di intonaci che si scrostano, di impianti inefficienti, di terrazze cadenti, ecc. Ma è sufficiente ammirare lo stato della facciata che, da sola, degrada il decoro ambientale dell’area. Sono case popolari, ma la dignità e la sicurezza degli abitanti va salvaguardata.

Nel resto d’Italia la situazione non è migliore, anzi spesso è più pesante in realtà ove le occupazioni abusive proliferano.

In un Paese che con il 110% ha consentito a migliaia di proprietari di migliorare gratuitamente le proprie abitazioni, mancano fondi per risanare strutture di proprietà dei comuni, abitazioni ormai assegnate solo a famiglie in difficoltà.

La Legge di Bilancio 2024 appena approvata conferma il progressivo azzeramento di qualsiasi efficace misura finalizzata a sostenere le famiglie colpite dalla grave emergenza abitativa difficoltà  che vanno dall’aumento dei costi complessivi dell’abitazione ai provvedimenti di sfratto che riguardano, in tutto il paese, oltre 140.000 famiglie. Oltre 30.000 hanno subito l’esecuzione nel corso del 2022 (ultimi dati disponibili forniti dal Ministero degli Interni comunicati nel 2023).

L’elenco dei mancati interventi e stanziamenti è lungo e preoccupante. Per il secondo anno di seguito viene azzerato il fondo per il sostegno all’affitto nato per fornire sia un aiuto alle famiglie di inquilini a basso reddito che un vantaggio per i proprietari che affittano. Uguale sorte per il fondo per la morosità incolpevole nato per incidere sul crescente fenomeno degli sfratti. Sono anche ridimensionate le misure di incentivo all’abbattimento delle barriere architettoniche. Sul piano delle prospettive si procede ad un esiguo stanziamento “futuro” di 50 milioni per il 2027 e 50 milioni per il 2028, cioè al termine della attuale legislatura e all’inizio della prossima. Queste miserie dovrebbero garantire un annunciato ipotetico “Piano Casa” che, al contrario, avrebbe bisogno immediato di risorse strutturali e continuative.

Come dire: ne riparleremo tra una decina di anni.

Per questo Sunia nazionale, con il sostegno della Cgil ha lanciato la petizione popolare “Per il diritto all’abitare” che rivendica una nuova politica della casa che la ponga come una delle priorità. Ciò richiede il rifinanziamento del fondo nazionale di sostegno all’affitto; interventi strutturali, continuativi e sicuri; un piano casa nazionale; una legge quadro nazionale di riordino degli enti gestori di immobili pubblici.

È possibile una azione di pressione che coinvolga, assieme ai sindacati, i comuni proprietari degli immobili?

Gli strumenti non mancano. Abbiamo il LODE che è il coordinamento dei comuni per le case popolari e la Commissione territoriale per il disagio abitativo che raccoglie, assieme ai sindacati, le maggiori autorità della nostra provincia.

Sunia ritiene che sia possibile e che una azione di questo tipo potrebbe essere di stimolo anche per altre realtà. Condizione essenziale è che la questione “casa” sia considerata da tutti una priorità tale da consentire di uscire sia dalla burocrazia formale che dalla stretta difesa della propria parte politica.

Condividi

Comments are closed here.