Con la Bce il Governo italiano avrebbe dovuto tenere un altro atteggiamento. Adesso azioni di salvaguardia in sede parlamentare in occasione della conversione in legge del decreto”
Dichiarazione del Segretario provinciale della Cgil, Alessandro Mugnai
“Siamo consapevoli che il decreto del Governo salva i posti di lavoro. 600 nella città di Arezzo che salgono ad 800 se consideriamo la provincia. E che arrivano a 6mila se conteggiamo tutti gli addetti delle quattro banche interessate. Siamo altrettanto consapevoli che in assenza del decreto, il futuro di Banca Etruria sarebbe stato il fallimento, con la data già in calendario: 1 gennaio 2016.
Il tema dell’occupazione non esaurisce, però, la riflessione sulle conseguenze del decreto. La perdita di qualsiasi valore delle azioni e delle obbligazioni di Banca Etruria è una vera e propria zona d’ombra dove si perdono le tracce dei risparmi di cittadini, famiglie, piccoli imprenditori. Un tessuto sociale importante, sideralmente lontano da quello rappresentato da speculatori e grandi investitori. E per questa zona d’ombra c’è una duplice domanda. La prima è se poteva essere evitata e la seconda è se sono possibili azioni correttive in sede di conversione in legge del decreto.
Quanto alla prima domanda, la Cgil ritiene che l’atteggiamento della BCE che ha negato l’accesso al Fondo interbancario di tutela dei depositi sia stato ingiusto, strumentale e dannoso. E la Cgil è convinta che il Governo, in considerazione della legittimità di questa strada, avrebbe potuto e dovuto tenere un atteggiamento diverso nel rapporto con la BCE. Altri soggetti chiamati a rispondere di questa zona d’ombra sono i vertici aziendali degli ultimi anni. I bilanci, le ispezioni di Banca Italia, le difficoltà progressive dell’istituto di credito rendevano evidente che azioni e obbligazioni erano prodotti oggettivamente a rischio. Perché hanno dato l’indicazione di continuare a venderli creando panieri quanto meno fragili per i consumatori? E dove erano o come agivano le strutture ispettive di Banca Italia?
In queste ore i nostri uffici della Federconsumatori sono affollati di persone, molte delle quali pensionate, che chiedono un aiuto per difendere i loro risparmi. La nostra federazione svolgerà il suo compito ma come Cgil non possiamo sottolineare che siamo di fronte ad un grave problema che poteva e doveva essere evitato, nella consapevolezza della prevedibile conclusione dello stato di crisi di Banca Etruria.
Adesso chiediamo che il Parlamento, in fase di conversione del decreto in legge, individui tutti i possibili meccanismi per salvaguardare i piccoli risparmiatori che fino all’ultimo hanno guardato con fiducia a quella che consideravano la loro banca. E un’azione positiva chiediamo anche in relazione alla cosiddetta bad bank e alle iniziative che questa potrà intraprendere verso quella parte del sistema delle piccole e medie imprese che, con la stessa logica di fiducia, ha lavorato fino all’ultimo con Banca Etruria.to”
Dichiarazione del Segretario provinciale della Cgil, Mauro Mugnai
“Siamo consapevoli che il decreto del Governo salva i posti di lavoro. 600 nella città di Arezzo che salgono ad 800 se consideriamo la provincia. E che arrivano a 6mila se conteggiamo tutti gli addetti delle quattro banche interessate. Siamo altrettanto consapevoli che in assenza del decreto, il futuro di Banca Etruria sarebbe stato il fallimento, con la data già in calendario: 1 gennaio 2016.
Il tema dell’occupazione non esaurisce, però, la riflessione sulle conseguenze del decreto. La perdita di qualsiasi valore delle azioni e delle obbligazioni di Banca Etruria è una vera e propria zona d’ombra dove si perdono le tracce dei risparmi di cittadini, famiglie, piccoli imprenditori. Un tessuto sociale importante, sideralmente lontano da quello rappresentato da speculatori e grandi investitori. E per questa zona d’ombra c’è una duplice domanda. La prima è se poteva essere evitata e la seconda è se sono possibili azioni correttive in sede di conversione in legge del decreto.
Quanto alla prima domanda, la Cgil ritiene che l’atteggiamento della BCE che ha negato l’accesso al Fondo interbancario di tutela dei depositi sia stato ingiusto, strumentale e dannoso. E la Cgil è convinta che il Governo, in considerazione della legittimità di questa strada, avrebbe potuto e dovuto tenere un atteggiamento diverso nel rapporto con la BCE. Altri soggetti chiamati a rispondere di questa zona d’ombra sono i vertici aziendali degli ultimi anni. I bilanci, le ispezioni di Banca Italia, le difficoltà progressive dell’istituto di credito rendevano evidente che azioni e obbligazioni erano prodotti oggettivamente a rischio. Perché hanno dato l’indicazione di continuare a venderli creando panieri quanto meno fragili per i consumatori? E dove erano o come agivano le strutture ispettive di Banca Italia?
In queste ore i nostri uffici della Federconsumatori sono affollati di persone, molte delle quali pensionate, che chiedono un aiuto per difendere i loro risparmi. La nostra federazione svolgerà il suo compito ma come Cgil non possiamo sottolineare che siamo di fronte ad un grave problema che poteva e doveva essere evitato, nella consapevolezza della prevedibile conclusione dello stato di crisi di Banca Etruria.
Adesso chiediamo che il Parlamento, in fase di conversione del decreto in legge, individui tutti i possibili meccanismi per salvaguardare i piccoli risparmiatori che fino all’ultimo hanno guardato con fiducia a quella che consideravano la loro banca. E un’azione positiva chiediamo anche in relazione alla cosiddetta bad bank e alle iniziative che questa potrà intraprendere verso quella parte del sistema delle piccole e medie imprese che, con la stessa logica di fiducia, ha lavorato fino all’ultimo con Banca Etruria.
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