loading

Caricamento...

FLC CGIL: NEWS DAL MONDO SCUOLA

Organici scuola 2016/2017: personale ATA, pubblicata la circolare per il triennio 2016/2018

Il Miur pubblica lo schema di Decreto Interministeriale con le tabelle di ripartizione dei posti (203.534) alle regioni per i diversi profili e fornisce le indicazioni operative.

 

Il Ministro dell’Istruzione ha pubblicato la nota 17763 del 30 giugno 2016 con cui si trasmette lo schema di Decreto Interministeriale che ripartisce la dotazione organica del personale ATA per il triennio 2016/2017, 2017/2018 e 2018/2019.

In allegato la nostra scheda di approfondimento.

La consistenza complessiva delle dotazioni organiche a livello nazionale ha durata triennale, eventualmente rivedibile annualmente – art. 1 legge 107/15 – ed è di 203.534 posti, tetto imposto dalla legge di stabilità 2015 con i tagli oramai a regime di 2.020 posti nei profili di assistenti amministrativi e collaboratori scolastici. Rispetto allo scorso anno 2015/2016 si conferma la dotazione complessiva, mentre si evidenzia un decremento di 20 posti rispetto alla dotazione organica dell’a.s. 2014/2015 che era di 205.554 posti. Rispetto alla conferma dei posti dello scorso anno ci sono però 22 posti in più di assistente tecnico, 29 posti in più di collaboratore scolastico e 51 posti in meno di Dsga.

Resta invariato il numero di accantonamenti (per appalti e LSU) per il profilo di collaboratore scolastico (11.857).

Il numero delle Istituzioni scolastiche nell’a.s. 2016/2017 è di 8.068 scuole autonome. Il totale, comprensivo di 338 scuole sottodimensionate, è di 8.281 inclusi 125 CPIA.

Periodo di prova e formazione dei docenti: esito udienza in Consiglio di Stato

I giudici di appello ribaltano il giudizio del Tar e riconoscono la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso presentato dalle organizzazioni sindacali. Rinviata al Tar Lazio la decisione di merito.

Loghi unitari

Il Consiglio di Stato con ordinanza del 24 giugno 2016 si è pronunciato sul ricorso proposto da FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS-Confsal e GILDA-Unams in merito al periodo di prova e formazione del personale docente neo assunto o che abbia ottenuto il passaggio di ruolo, sconfessando la tesi del TAR Lazio, secondo la quale la questione avrebbe dovuto essere sottoposta al giudice del lavoro, e confermando che la materia rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, nel provvedimento del Consiglio di Stato si legge chiaramente che: “diversamente da quanto ritenuto con l’ordinanza impugnata, sembra sussistere la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, avuto riguardo alla avvenuta impugnazione di atti che dettano criteri generali in ordine all’espletamento del periodo di prova”.

Relativamente al merito, il Consiglio di Stato, tuttavia, non ha ritenuto di poter assumere una decisione immediata in fase cautelare facendo riferimento alla complessità della questione nonché all’opportunità che tutti i rilievi sollevati dalle Organizzazioni Sindacali vengano approfonditi nel giudizio di merito dinanzi al Tar Lazio.

A questo punto, anche in considerazione di tale esito, si provvederà a richiedere al Tar Lazio una sollecita fissazione dell’udienza di merito affinché siano esaminate con la dovuta attenzione tutte le contestazioni avanzate nei confronti del DM n. 850 del 27 ottobre 2015 con il quale l’Amministrazione ha regolamentato il periodo di prova e di formazione.

FLC CGIL CISL Scuola UIL Scuola SNALS Confsal GILDA Unams

Docenti neo assunti: adempimenti per chi ha differito la presa di servizio

Dichiarazioni obbligatorie e facoltative e regolarizzazione economica del contratto individuale di lavoro.

I docenti neo assunti che hanno differito la presa di servizio assumeranno servizio nella sede assegnata venerdì 1 luglio 2016 (o al termine degli esami di stato). Chi ha differito al 1 settembre 2016 dovrà assumere servizio nella scuola/ambito ottenuto con la mobilità.

Tutti i docenti hanno già stipulato, nei mesi scorsi, il contratto individuale di lavoro attraverso le istanze online. Il contratto è stato già registrato e deve solo essere formalmente confermato, ai fini economici, con la registrazione a sistema dell’effettiva presa di servizio da parte del Dirigente della scuola assegnata.

Questa registrazione permetterà la regolare emissione dello stipendio a partire dal mese di luglio (vedi nota 1974/16).

Tenuto conto che gli uffici scolastici territoriali hanno emanato disposizioni non univoche, consigliamo di portare con sé la copia del contratto e dell’accettazione a suo tempo ottenuta dal SIDI.

All’atto dell’assunzione in servizio sono richiesti alcuni adempimenti.

Documenti di rito

I documenti di rito sono quelli che attestano i titoli, le condizioni e gli stati per essere assunti nella pubblica amministrazione: dati anagrafici, condanne penali, obbligo di leva, titoli di studio, abilitazione, specializzazione di sostegno (se posseduta), ecc.

Teoricamente non sarebbero più da produrre in quanto già dichiarati nelle domande di inclusione nelle graduatorie  o di partecipazione al concorso, come ha specificato il Miur con la circolare 65/03. Le Ragionerie dello Stato continuano a chiedere tale adempimento ai fini della registrazione del contratto e pertanto permane l’obbligo entro 30 giorni dalla data di assunzione. In considerazione delle norme generali sull’autocertificazione (DPR 445/00 e successive modifiche e integrazioni) non è necessario produrre alcun certificato ma è sufficiente un’autocertificazione: di norma la scuola mette a disposizione uno o più modelli da compilare e firmare.

Ricordiamo che l’obbligo della certificazione sanitaria di idoneità all’impiego è stato abolito dall’art. 42 del Decreto legge 69 del 21 giugno 2013, convertito, con modificazioni, nella legge 98/13.

Dichiarazione dei servizi

All’atto dell’assunzione a tempo indeterminato, si devo effettuare la “dichiarazione dei servizi” (art. 145 del DPR 1092/1973 e art. 2 del DPR 351/1998) nella quale devono essere elencati tutti i titoli posseduti ed i servizi prestati nello Stato (compreso il sevizio militare), negli enti pubblici, nel privato e anche le attività di lavoro autonomo o da libero professionista.

Questa dichiarazione, che è necessaria anche ai fini dei calcoli pensionistici, andrebbe presentata entro 2 anni dall’assunzione, ma è sempre opportuno farla il prima possibile.

Per la dichiarazione è disponibile un modello e le relative istruzioni di compilazione (nota 1943 del 10 agosto 1999).

Ulteriori adempimenti

Ricostruzione di carriera

La ricostruzione di carriera consente di far valere i servizi di insegnamento (valutabili) svolti precedentemente all’assunzione, per ottenere il riconoscimento dell’anzianità e un livello stipendiale più alto.

La ricostruzione di carriera avviene su domanda che può essere presentata una volta superato l’anno di formazione e comunque non prima del 1 settembre dell’anno scolastico immediatamente successivo, altrimenti è considerata intempestiva. La legge 107/15 (comma 209) ha previsto che le domande vadano presentate dal 1 settembre al 31 dicembre di ogni anno.

Nella domanda, rivolta al Dirigente scolastico, si devono elencare tutti i servizi valutabili con dichiarazioni sostitutive delle relative certificazioni (ai sensi del Dpr n. 445/00).

Domande ai fini previdenziali

Se non lo si è già fatto, è possibile presentare le domande  (computo/riunione/riscatto/ricongiunzione) ai fini della pensione che servono ad incrementare i periodi validi per la futura pensione e quindi riguardano tutti i periodi di lavoro con iscrizione a regimi previdenziali obbligatori diversi (Tu 1092/73 e legge 7/2/79 n. 29) compreso il servizio reso come libero professionista (legge 5/3/90 n. 45), le indennità di disoccupazione, il riconoscimento del periodo legale di studi, le specializzazioni per il sostegno, i corsi di specializzazione di durata non inferiore ai due anni (SSIS compresa), il servizio di leva o civile ecc.

La valutazione sull’opportunità, anche da un punto di vista economico, di effettuare alcune di queste richieste va valutata caso per caso e pertanto è opportuno rivolgersi per la consulenza alle sedi della FLC CGIL o del patronato INCA.

Adesione al fondo pensione ESPERO

Con la riforma pensionistica del 1995 i lavoratori possono affiancare alla pensione “tradizionale” una eventuale pensione integrativa. Questa “seconda” pensione si costruisce aderendo ad un sistema di previdenza complementare. I lavoratori neo-assunti, hanno più di altri un notevole interesse a costruirsi al più presto una pensione complementare. In particolare nel comparto Scuola è stato istituito un fondo pensionistico negoziale (Fondo Espero). Consigliamo di rivolgersi alla FLC territoriale per verificare le condizioni e le opportunità dell’adesione al fondo.

È possibile acquisire informazioni anche collegandosi al sito del fondo sul quale è disponibile anche una procedura di simulazione.

Perchè la scuola ha a che fare con Brexit

Il recente referendum sulla Brexit testimonia una volta di più quanto le nostre società siano lacerate: tra città e campagne, tra giovani e anziani, tra ricchi e poveri. Questa geografia così netta intacca i principi stessi delle nostre democrazie: è giusto consultare con più frequenza i cittadini se a vincere sono le paure, gli slogan, i populismi? Non aiutano, in questo senso, i nuovi strumenti di comunicazione di massa, a partire dai social network, che ci vincolano a forme di dialogo rapide, faziose e spesso conflittuali.

A ben vedere, tra i pochi strumenti che ancora unificano la compagine sociale si trovano due vecchi arnesi novecenteschi, la televisione e la scuola. Con la differenza che questa ultima – se funziona – favorisce l’ascensore sociale, quel meccanismo virtuoso per cui gli alunni più poveri possono, se studiano, avere accesso a opportunità migliori dei loro genitori, mentre la tv fornisce sì codici e linguaggi condivisi (furono fondamentali, ad esempio, per diffondere l’idioma nazionale) ma non strumenti di emancipazione collettiva.

In altre parole, il cittadino si forma a scuola. E dunque, se si vuole evitare che il voto democratico si trasformi in una serie di shock ripetuti, in cui metà del corpo sociale rimane attonita a scoprire ciò che pensa l’altra parte, dalla scuola occorre ripartire, come del resto Matteo Renzi ha sostenuto fin dal principio della sua esperienza di governo. Molto utile, in questa ottica, un libretto di alcuni mesi fa: “Quale scuola? Le proposte dei Lincei per l’italiano, la matematica e le scienze”, a cura di Francesco Clementi e Luca Serianni.

Il volume prende le mosse dal progetto “Una nuova didattica per la scuola: una rete nazionale”, promosso dall’Accademia nazionale dei Lincei. In sostanza, un vasto piano di formazione degli insegnanti dalla scuola elementare a quella superiore in tre ambiti distinti: lingua italiana, logica e matematica, scienze naturali. Grazie alla creazione di poli regionali, con il contributo delle varie università e del sistema scolastico locale, gli insegnanti partecipano a percorsi di formazione laboratoriali, confrontandosi con altre esperienze e definendo nuove e più efficaci modalità della didattica.

Questa iniziativa, certamente all’avanguardia, ci consente di individuare alcuni difetti storici del nostro paese quando si parla di scuola: un certo sussiego nei confronti di quei “men of little showing” (cioè i docenti) che con il loro impegno oscuro consentono al grande scienziato di divenire tale, come pure al “cervello in fuga” di avere qualcosa da esportare; la separazione tradizionale tra materie umanistiche e quelle scientifiche, dove le seconde sono ancelle delle prime e poco considerate; la tentazione “disciplinare” della scuola a scapito dello sviluppo di competenze: non ha senso pensare all’apprendimento dei ragazzi se si prescinde dal contesto famigliare e sociale, e non serve ammannire Alessandro Manzoni (per carità…) se il discente non è in grado di comprendere un articolo di giornale; la difficoltà a immaginare percorsi “verticali”, che cioè mettano al centro il giovane e considerino la sua crescita come un’unica evoluzione, anziché tracciare uno sviluppo fatto di ostacoli (esami) e ripetizioni (a livello di contenuto).

Il libro raccoglie vari saggi distribuiti sui tre ambiti, alcuni dei quali presentano interessanti interferenze (ad esempio, quello di Laura Catastini sul rapporto tra matematica e musica nella dinamica di apprendimento). Inoltre, il testo è impreziosito da un corposo saggio introduttivo di Tullio De Mauro – linguista e già Ministro dell’Istruzione – sulla scuola italiana, un’analisi retrospettiva di ampio respiro che parte con l’Unità d’Italia e giunge ai giorni nostri, fermandosi però prima della “Buona scuola”.

Se volessimo usare una metafora urbana, potremmo affermare che la scuola italiana descritta da De Mauro assomiglia a una città dal centro ben tenuto e dalla periferia degradata. Nel centro si trovano la scuola materna e quella elementare: frequenza praticamente universale da parte delle classi anagrafiche interessate, dispersione molto bassa, rendimento degli studenti più alto rispetto agli altri paesi Ocse, modelli didattici aggiornati alle più recenti impostazioni culturali. Allontanandosi verso i primi sobborghi si incontrano, ai due estremi anagrafici, asili-nido e scuole medie, che oggi si chiamano “secondarie di primo grado”: per i nidi, il problema fondamentale è la disponibilità dei posti, che colloca l’Italia al vertice basso della classifica rispetto ai paesi sviluppati, pregiudicando le donne nel loro accesso al lavoro; nel caso della vecchia media, invece, le competenze dei ragazzi rimangono accettabili nei test internazionali, ma manca una definizione chiara sul ruolo di questo passaggio in rapporto al precedente e in previsione di quello successivo.

Infine, nella periferia più estrema – quella che di sera bisogna frequentare con circospezione – troviamo la scuola superiore: fatte salve le ovvie differenze tra singoli istituti, aree del paese, tipologie di scuola, generi (le ragazze sono più brave), ecco il punto debole del nostro sistema: dispersione elevatissima e scarso sviluppo di competenze da parte dei maturati. Addirittura, secondo alcune indagini, un giovane che completa il proprio percorso di studi secondari mostra un plafond di competenze più o meno analogo a quello che possedeva al termine delle medie!

Intendiamoci, non è giusto e non è utile essere disfattisti. La scuola italiana ha molte eccellenze e all’estero non ridono come talvolta ci piace credere; in più, occorre ricordare che è grazie alla scuola, soprattutto elementare, che il nostro capitale umano è cresciuto nel dopoguerra più che in qualunque altro paese al mondo a parte la Corea del Sud, passando da una condizione di sottosviluppo a una avanzata. E tuttavia, se vogliamo crescere in futuro cittadini consapevoli in un mondo sempre più complesso, della scuola occorre continuare a occuparsi, tornare a discutere. Con uno sguardo di lungo periodo.

Condividi
Tagged:

Comments are closed here.