loading

Caricamento...

‘Ndrangheta, arresto e perquisizioni in Valdarno: nel mirino della Dda lo smaltimento dei rifiuti

Un elemento di spicco di un clan calabrese fermato a Bucine. L'ordinanza del Gip: "Legami di comodo con la Pubblica Amministrazione aretina (Consorzio Bonifica Valdarno) per l’assegnazione diretta di lavori per importi contenuti (sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti investigativi

È partito dalla procura di Arezzo oltre tre anni fa uno degli input che ha portato ad una imponente operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze  conclusa all’alba di questa mattina con l’arresto – eseguito dai carabinieri del Ros e Forestali – di 6 persone e il sequestro di beni per un valore di venti milioni di euro. Un’operazione imponente che ha visto i militari dell’Arma eseguire misure cautelari anche in Calabria, Umbria e Toscana. E proprio nell’Aretino si sarebbero consumati crimini legati “al controllo del mercato del movimento terra (estorsione e illecita concorrenza)”.

La dda contesta i reati di associazione a delinquere aggravata all’agevolazione mafiosa, alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti all’inquinamento ambientale ed all’impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Nell’ambito dell’operazione, denominata “Keu” (dal nome dell’inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli),  oltre ai sei arresti, sono state eseguite sette misure cautelari di interdizione dall’attività imprenditoriale, due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti ed oltre 60 perquisizioni. Eseguito anche un provvedimento di sequestro per equivalente per oltre 20 milioni di euro e numerose perquisizioni ed ispezioni personali e domiciliari presso oltre 50 obiettivi nelle provincie di Firenze, Pisa, Arezzo (Bucine, Montevarchi e San Giovanni Valdarno), Crotone, Ternie Perugia.

Da Arezzo a Firenze

Come detto, uno dei filoni della complessa inchiesta, che ha fatto emergere l’infiltrazione della ‘ndrangheta in Toscana, sarebbe partito da un procedimento della procura di Arezzo. Era stata infatti aperta un’inchiesta sull’arrivo dalla Calabria di rifiuti che venivano poi smaltiti in una collina di Bucine. Sulla vicenda indagarono i carabinieri forestali. Poi, in virtù dei nomi coinvolti, secondo gli inquirenti legati ad una cosca della ‘Ndrangheta calabrese, l’intero procedimento è passato alla Dda di Firenze.

Due i filoni d’inchiesta principali: uno sul movimento terra e lo smaltimento dei rifiuti, l’altro sul traffico internazionale di stupefacenti.

L’indagine si è protratta per oltre tre anni e ha portato allo smantellato un sistema criminale per la gestione illecita dei rifiuti del comparto conciario e alla scoperta della partecipazione all’illecito smaltimento di imprenditori contigui a cosche di ‘ndrangheta.  Iniziata a maggio 2018, l’attività, condotta con metodi tradizionali e con il supporto di sofisticate attività tecniche e telematiche, ha riguardato la gestione dei rifiuti, specificamente dei reflui e dei fanghi industriali, prodotti nel distretto conciario ubicato tra le province di Pisa e di Firenze. Alcuni soggetti al vertice dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno rappresentano il fulcro decisionale di tutto l’apparato oggetto dell’indagine, che agisce con le modalità e la consapevolezza di un sodalizio organizzato per la commissione di reati, utilizzando a tale scopo i vari consorzi che compongono, ciascuno nel proprio ruolo, il circuito stesso del comparto.Le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Toscana

Gli inquirenti hanno condotto accertamenti anche nell’Aretino,  e i Carabinieri del Ros di Firenze, guidati dal colonnello Colizzi, hanno mostrato l’infiltrazione in Toscana della Cosca Gallace. Come? Attraverso operazioni nel settore del conferimento inerti. La cosca avrebbe infatti avuto il controllo diretto su una storica azienda mugellana, la quale ha condizionato la concorrenza locale (imponendo la forza criminale della consorteria mafiosa) aggiudicandosi importanti commesse pubbliche a discapito di altre aziende di settore (come emerso nel segmento di inchiesta  “Calatruria”). Esponenti riconducibili al clan si sarebbero inoltre trasferiti nel Valdarno aretino con le proprie famiglie e svolgendo i propri affari, già a partire dagli anni Novanta. Uno di questi – C.N. – è stato destinatario di un arresto eseguito questa mattina a Bucine.

Ai destinatari delle misure cautelari sono imputati reati commessi “Mediante attività estorsive e illecita concorrenza con violenza, minaccia”. A commettere tali reati erano persone al “vertice di una storica impresa di settore di Vicchio (FI) per il tramite dell’impresario C.G. e del suo principale collaboratore V.N., i quali – direttamente collegati a soggetti di spicco del Clan Gallace,  il cui esponente principale vive ed è stato arrestato a Bucine ndr – hanno scientemente sfruttato la forza della consorteria mafiosa per imporsi sul mercato del movimento terra/fornitura inerti a discapito di aziende concorrenti, “infiltrandosi” di fatto in importanti commesse pubbliche in Toscana. Parimenti sono stati riscontrati legami di comodo con la Pubblica Amministrazione aretina (Consorzio Bonifica Valdarno) per l’assegnazione diretta di lavori per importi contenuti (sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti investigativi”.

Al riguardo pesano come macigni le parole usate dal Gip nell’ordinanza:

“il rilevante compendio probatorio raccolto nel procedimento evidenzia, al di là degli episodi clamorosi di intimidazione, un sodalizio tra gli indagati  finalizzato ad acquisire il monopolio di attività economiche del settore cui opera la Cantini Marino srl, strettamente collegata Figliense Inerti srl, nonché (in maniera meno “scoperta”, dato lo spessore criminale dei suoi componenti) la Idrogeo srl (con la precisazione che rispetto a quest’ultima il quadro probatorio non può ritenersi esaustivo). L’acquisizione di questo monopolio di fatto è resa possibile dalla presenza di due grossi esponenti della criminalità calabrese, operanti in Toscana nel Valdarno che non si limitano a dare il proprio benestare ma altresì influiscono, con la forza intimidatrice della organizzazione criminale di appartenenza, in modo da determinare equilibri che fuoriescono da quelli normali del libero mercato, secondo una logica non concorrenziale bensì impositiva e di assoggettamento”.

Tra i reati contestati anche “l’estorsione posta in essere a carico di un impresario calabrese con il concorso di un imprenditore crotonese, arrestato anche per le accuse maturate nell’indagine dei carabinieri forestali sullo smaltimento illecito di rifiuti, aggravati dall’agevolazione mafiosa”.

L’indagine ha permesso di verificare che “il peso economico del comparto, hanno spiegato ancora gli inquirenti, consente ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno anche oltre i normali rapporti istituzionali con i vertici politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali, che a vario titolo avrebbero agevolato in modo sostanziale il sistema, alcuni dei quali figurano fra gli indagati”.  Tra questi anche il capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana Ledo Gori per corruzione e il dirigente della Direzione Ambiente della Regione Toscana Edo Bernini.
Altro fronte contrastato dalla Dda coi carabinieri alla ‘ ndrangheta in Toscana è il narcotraffico internazionale che ha portato al sequestro totale di circa 191 chili di cocaina (periodo maggio 2017 – agosto 2019) nel cui contesto è maturato a cura dei carabinieri di Livorno e del Ros l’arresto del latitante Francesco Riitano nell’agosto 2019 sotto falso nome a Giardini Naxos (Messina), individuato grazie al suo legame con un indagato che lo incontrava periodicamente in località segrete.

Condividi

Comments are closed here.