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Una sentenza in difesa dei diritti dei precari: tutti i figli sono uguali

Il giudice del lavoro di Arezzo accoglie il ricorso di un lavoratore in somministrazione sulle borse di studio per le figlie

Non ci sono figli di seria A e figli di serie B. Quelli dei lavoratori “in somministrazione” hanno gli stessi diritti di quelli dei dipendenti. Questa la sentenza del giudice del lavoro di Arezzo che ha accolto il ricorso di un lavoratore contro l’agenzia di somministrazione Randstad da cui dipende e l’impresa dove presta la sua attività, la ABB E-MOBILITY.

“Il lavoratore – ricorda Luca Innocenti del Nidil Cgil – aveva chiesto il riconoscimento delle borse di studio per le sue due figlie. L’azienda aveva formalmente riconosciuto questo diritto ma la sua corresponsione si era poi bloccata a causa della mancanza del requisito della dipendenza diretta. E l’agenzia si era uniformata, tanto da costringere il lavoratore a rivolgersi al sindacato”

Il giudice del lavoro, nella sua sentenza, ha citato l’articolo 35 del decreto legislativo 81 del 2015 che “non equipara i somministrati ai dipendenti diretti solo sotto il profilo retributivo ma afferma che devono avere condizioni economiche e nomative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore”.

Luca Innocenti sottolinea l’importanza della sentenza: “Questa parità di trattamento è un principio non sempre rispettato. Inoltre è anche complicato fare quello che ha fatto il lavoratore rivolgendosi alla Cgil: i somministrati sono lavoratori precari che si sentono e sono più esposti e in maggiore difficoltà a far valere i loro diritti”.

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